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Scrivi un commento al testo di Annamaria Pambianchi
A mio padre

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Un fiero inverno vibrare odo                                                       

alla finestra che una tramontana                                                          

d’inchiostro traversa e strapazza.                                                          

Sul focolare un legno aspro fiotta:                                                        

inferno fitto di fumo vano                                                                        

nella nuda misera stanza.                                                                      

Nera, la vacca, è  morta.                                                              

Così dicesti, babbo. Altro non venne.                                                   

Parlò fisso al fuoco il tuo pianto                                                            

per me muto sonante allarme.                                                               

 

Uomo di ricca parola sei stato,                                                   

babbo. Da uomo alla terra devoto,                                                        

- genti e paesi, storia e natura -                                                  

che cosa non hai raccontato?                                                                           

Come acqua di pozzo perenne,                                                 

come pioggia del cielo matura,                                                              

in forma di fiume alla foce,                                                                                     

da te maestà di voce fluiva.                                                                    

Dal giorno in cui più non sei,                                                     

nella grande notte - silenzio e suono -                                                 

arpeggia come di rosa per me                                                    

la tua parabola di fuoco.                                                                         

Consegno al tuo ascolto clemente                                            

l’urlo dell’uragano: idioma amaro,                                             

al centro sovente avvelenato.                                                    

 

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